Museo del Vetro

Museo del Vetro

Percorsi e collezioni

Fra Trecento e Seicento. L’età dell’oro

MEDIOEVO E RINASCIMENTO

L’ arte vetraria veneziana nasce dai profondi contatti con il Medio Oriente, in particolare la Siria, i cui vetri, sofisticati e raffinati, erano celebri nel Medioevo. I primi vetrai veneziani li imitano e importano da quell’area anche alcune materie prime per realizzarli. Nel XIV secolo la produzione veneziana è ben avviata, con almeno dodici vetrerie che soffiano oggetti d’uso comune, tra cui le inghistere, bottiglie dal lungo collo e corpo a cipolla, come quella qui esposta, ma è dal medio Quattrocento che Venezia, complice il declino della produzione islamica, assume una leadership incontrastata nell’arte del vetro.

La svolta è determinata anche dall’invenzione del vetro cristallino dovuta al muranese Angelo Barovier (1405-1460): per la prima volta nella storia il vetro è trasparente, purissimo, simile al cristallo di rocca. Per Barovier e per Murano è la fama. I loro vetri trasparenti, decorati con smalti policromi fusibili e oro sono richiesti da grandi famiglie, dai dogi, perfino dal papa (come dimostrano gli stemmi in alcuni pezzi qui esposti).

A volte la decorazione riprende temi propri dell’iconografia rinascimentale, come nella celeberrima azzurra coppa Barovier, databile intorno al 1470, in altri casi si limita a fasce di puntini smaltati, talvolta disposti a fitti semicerchi (embrici). Nel Cinquecento la produzione muranese assume caratteri di vero virtuosismo, anche con complesse esecuzioni “a mano volante”, cioè a mano libera, una tecnica in cui ancora oggi si distinguono i maestri muranesi.

In quest’epoca si privilegia l’uso del cristallo puro e trasparente, con cui si realizzano calici di singolare armonia ed eleganza e su cui si sperimentano nuove tecniche decorative. Tra esse l’incisione a punta di diamante, già nota in epoca romana, reintrodotta a Murano (1534-47) da Vincenzo d’Angelo dal Gallo, produce sul vetro raffinate trame simili a merletti.

Si sperimenta anche la pittura a freddo, applicata sul rovescio degli oggetti, con temi ispirati agli artisti del tempo.

CINQUECENTO E SEICENTO: INVENZIONI E VIRTUOSISMO

Ma nel Cinquecento s’inventano anche nuovi tipi di vetri, di cui sono qui esposti numerosi e preziosi esemplari: il vetro ghiaccio, dalla superficie esterna rugosa, traslucida, ottenuta immergendo l’oggetto semilavorato e caldo in acqua fredda, e soprattutto la filigrana, una delle più affascinanti creazioni muranesi.

Inventata da Filippo Catani della Sirena (o Serena) verso il 1527, si ottiene incorporando in vario modo nel cristallo canne di vetro contenenti sottili fili di vetro bianco (lattimo) o colorato, a fascette parallele o intrecciate. È una tecnica assai complessa, ancora oggi di grande successo.

Le invenzioni cinquecentesche si producono anche nel secolo successivo, quando il gusto dei vetrai muranesi si orienta verso forme bizzarre, con prevalente funzione decorativa, in cui spicca il virtuosismo dei maestri: ecco allora stravaganti lampade a forma di animali, vasi e calici a forma di fiore, decorati ad alette, creste, dentellature, trafori e fili.

Risale invece al Seicento l’invenzione dell’avventurina, una particolare pasta vitrea, prevalentemente usata come pietra dura, assai difficile da ottenere, al punto che, da allora e fino a fine Ottocento, la tecnica per realizzarla è andata più volte perduta. Verso la fine del secolo compaiono i vetri decorati “a penne”, ottenuti avvolgendo, con uno speciale utensile, fili di lattimo “pettinati” a festoni.

Il Seicento è anche il secolo della diaspora dei vetrai muranesi, che vanno a produrre all’estero à la façon de Venise, anche per reagire alla grave crisi economica che ha colpito la città, soprattutto dopo la peste del 1630, mentre negli anni ‘70/80 comincia ad affacciarsi sui mercati il vetro boemo.

Ma i muranesi sono assai celebri in Europa: dal XVI secolo si può parlare addirittura di dinastie di vetrai. Oltre ai già citati Barovier, dal Gallo e Serena, si ricordano, tra gli altri, i Ballarin, i Bortolussi, i Dragani, i MozettoDella Pigna. A loro e a tutti i grandi maestri che hanno forgiato e reso illustre Murano nel mondo è dedicata con commozione e gratitudine questa sezione.


 

Lampadari esposti nel salone centrale del Museo del vetro di Murano

Lampadario (salone, lato nord)
Lampadario (ciocca alla <<chinese>>) in cristallo lavorato con il sistema dì <<investimento>>, cioè a struttura metallica rivestita di pezzi in vetro soffiato, con coppette reggicandela, fiori, foglie, fiocco e pendenti a sfera e a grappolo. Probabilmente fabbrica di Giuseppe Briati, metà c. del XVIII sec.

Lampadario (salone, lato sud)
Lampadario (ciocca a <<colonna>>) in cristallo lavorato con il sistema dì <<investimento>>, cioè a struttura metallica rivestita di pezzi in vetro soffiato, con quattro colonne ritorte e 24 bracci su due piani di cui 20 con finale a testa di delfino. Probabilmente fabbrica di Giuseppe Briati, metà c. del XVIII sec.

Lampadario in cristallo a 60 lumi (al centro del salone)
Grande lampadario in cristallo portante 60 bracci in vetro pieno su quattro piani sovrapposti, con colonna lavorata con il sistema dì <<investimento>>, cioè a struttura metallica rivestita di pezzi in vetro soffiato. E’ composto di 356 pezzi tra bacini, bracci, bacinelle, foglie, fiori, cimiero e fiocco. Misura cm 398 di altezza

e cm 226 di massimo diametro. L’asse di sostegno in ferro è lungo cm 586 ed è formato da due stanghe rotonde unite a mezzo di un grosso nodo, di cui quella inferiore è interamente a vite. Pesa 330 chilogrammi. L’esecuzione del disegno e la direzione dei lavori venne affidata ad Angelo Serena assistito da Vittore Zanetti. L’opera fu realizzata nei vasti spazi della fabbrica di canna di vetro, smalti e conterie appartenente alla Società Fabbriche Unite a San Martino in Murano il cui direttore tecnico Isidoro Barbon compose la pasta del cristallo. I maestri vetrai furono coadiuvati durante il loro lavoro dai fratelli Toso proprietari della fabbrica di vetri soffiati a San Giovanni in Murano. I lavori in cristallo furono eseguiti dai maestri vetrai Giovanni Fuga e

Lorenzo Santi. I lavori di ferramenta furono fatti nello Stabilimento Cessionari Marietti. I lavori in legno vennero eseguiti dal tornitore Giovanni Toso. I lavori di investimento e montatura furono eseguiti da Ferdinando Toso, Angelo Donà e Luigi Fuga. Fu presentato alla prima Esposizione Muranese del 1864, dove fu premiato con la medaglia d’oro. Nel 1867 fu presentato alla grande Esposizione di Parigi.