Museo del Vetro

Museo del Vetro

Percorsi e collezioni

Il Settecento tra moda e creatività

All’inizio del XVIII secolo le criticità si fanno più evidenti.

La concorrenza boema è diventata un problema e la crisi economica continua. L’intraprendente muranese Giuseppe Briati (1686-1772), sebbene osteggiato dai suoi concittadini, riesce a imporsi adattandosi ai tempi: si impossessa dei segreti del vetro boemo e ne riadatta la produzione al gusto e alla fantasia veneziana; inventa i famosissimi lampadari a molteplici bracci di cristallo, decorati da festoni, foglie e fiori policromi (un suo autentico e splendido esemplare è esposto al Museo di Ca’ Rezzonico, a Venezia, ma il genere continua da allora a essere riproposto e realizzato in infinite varianti).

Ottiene eccezionalmente il permesso di aprire una fabbrica a Venezia, ove produce anche cornici e specchi intagliati, oltre a grandi centri tavola (detti deseri, da dessert, utilizzati come decoro di importanti tavole imbandite) e a molti altri oggetti alla moda, tra cui mobili intarsiati con vetri. I pezzi qui esposti, pur non riconducibili alla fabbrica Briati, sono comunque ottimi esempi della produzione di questo periodo.

Ecco allora gli specchi muranesi, realizzati con procedure complesse fin dal XVI secolo, che per tutto il Settecento godono di grande fama, con le loro ricche cornici rivestite di vetro decorato a smalti o con incisioni che compaiono spesso anche sulla superficie specchiante,ed ecco il grande centro tavola in cristallo a forma di giardino all’italiana, databile intorno al 1760 e composto di numerosissimi elementi.

Altra tipica testimonianza del gusto dell’epoca sono i fixè sous verre, ovvero – nel nostro caso – incisioni all’acquaforte dipinte e poi incollate su vetro,con scene galanti ispirate alle coeve opere del pittore veneziano Pietro Longhi. Rinomati vetrai del Settecento, per oggetti dei generi qui esposti, sono i successori di Giuseppe Briati (Giacomo GiandolinLorenzo Rossetto,Zuane Gastaldello), Vittorio MestreAntonio Motta, Vincenzo Moretti.

IL GUSTO  DELLA MIMESI: CALCEDONIO E LATTIMO TRA SETTECENTO E OTTOCENTO

Nel Settecento hanno particolare fortuna a Murano vari tipi di vetri “mimetici”, cioè realizzati in modo da simulare altri materiali. Ecco allora il vetro opalino, che imita l’opale, il lattimo, che imita la porcellana e il calcedonio, vetro opaco variegato, rosso in trasparenza, con venature policrome, che imita pietre semipreziose come agata zonata, onice, malachite, lapislazzulo.

Già noto in epoca romana, il vetro calcedonio compare a Murano nel Rinascimento e si ottiene mescolando rottami di vetro opale bianco, colorato e cristallo e aggiungendo, a fusione ultimata, miscele di sostanze (come rame, argento, cobalto ecc) da cui derivano le venature policrome. A volte, a partire dal XVII secolo, vi si aggiungono anche frantumi di avventurina, che producono ulteriori macchie o striature, come nella settecentesca tazza a due manici qui esposta.

Il “segreto” del calcedonio va perduto a fine secolo e viene recuperato a metà Ottocento, grazie alla ricerca di Lorenzo Radi, che nel 1856 mette a punto la stessa composizione del XV secolo, realizzando oggetti di forme semplici e lineari, il cui straordinario effetto è affidato alla vasta gamma cromatica delle venature. Lo stesso Radi, nel 1861, ne dona un gran numero al museo appena nato, di cui è qui esposta un’importante selezione.

Altro genere di vetro ampiamente prodotto nel Settecento è il lattimo, anch’esso noto ai Romani, sia pur con tecniche produttive diverse, e utilizzato già da fine Quattrocento, a imitazione delle prime porcellane giunte dalla Cina. Quando, nel XVIII secolo, la porcellana inizia a esser fabbricata anche in Europa, parallelamente i lattimi veneziani acquistano crescente fortuna; sono decorati a smalti e oro con scene di genere, cineserie, soggetti mitologici e motivi rococò, e si realizzano con nuove tecnologie produttive.

Specialisti del settore, a Murano, sono soprattutto la famiglia Miotti, che talora firma i propri oggetti, e i fratelli Bertolini che nel 1739 avevano ottenuto dalla Repubblica il diritto esclusivo della decorazione con oro.