Dalle canne di vetro deriva anche la produzione delle perle, nota fin dall’antichità, prima in Egitto e poi in epoca romana. Le prime perle prodotte a Venezia risalgono al Trecento e, per secoli, costituiranno per la Serenissima preziosa merce di scambio ed esportazione verso Africa, Americhe, India.
In base alla tecnica produttiva, le perle veneziane possono essere di conteria, rosetta o a lume. Le perle di conteria, documentate a Murano dal XIV secolo, sono monocrome, piccolissime, si ottengono “industrialmente” da sottili canne vitree forate e sono utilizzabili anche per ricami e composizioni diverse. Le perle rosetta, inventate nel XV secolo da Marietta Barovier, figlia di Angelo,derivano da canne forate composte, come le murrine, da più strati policromi; le perle a lume risalgono invece al Seicento, si ottengono da una canna non forata (massiccia), riscaldata a fiamma (“lume”) e colata su un filo metallico tenuto manualmente in costante rotazione, con infinite varianti di possibili aggiunte, effetti e colori.
Durante la crisi muranese ottocentesca, la produzione di perle è l’unica a mantenersi florida e a espandersi: sono qui esposti ad esempio interessanti e coloratissimi campionari di alcune delle fabbriche più attive, tra cui quella dei Franchini e di Domenico Bussolin,specialista anche nelle filigrane.
Ma le ricche raccolte del museo consentono un excursus lungo tutta la storia e le tipologie delle perle veneziane, un genere particolarmente significativo e profondamente connesso alla storia e alle tradizioni della città, in particolar modo a quella del lavoro femminile, a partire dalla creatività di Marietta Barovier e delle molte muranesi da sempre presenti in questo settore, senza dimenticare le abili infilatrici di perle (“impiraresse”) veneziane, che per secoli, sedute all’aperto in calli e campiellicon la loro scatola (“sessola”) carica di conterie sulle ginocchia, hanno caratterizzato il paesaggio di una Venezia minore, piena di vita e di popolo.