TRA INIZIO SECOLO E ANNI QUARANTA
Il vetro muranese trova la strada dell’innovazione nel ‘900 nella collaborazione delle aziende più sensibili con artisti o designer.
Nei primi vent’anni del secolo sono incontri episodici ma fruttuosi, come dimostrano, qui esposti, le ciotole Art Noveau di Vittorio Toso Borella (1906-09), il vaso a filamenti policromi di Hans Stoltenberg Lerche per la F.lli Toso, le klimtiane lastrine in vetro mosaico (1914) di Vittorio Zecchin realizzate dalla fornace Artisti Barovier.
Nel 1921, una vetreria appena nata, la Cappellin & Venini, istituisce nel suo organico il ruolo di “direttore artistico”, affidandolo proprio a Zecchin. Si tratta di una novità assoluta per la nostra isola: l’esempio verrà seguito da altre ditte, rendendo sistematico il connubio tra arte, design e le incredibili possibilità offerte dalla perizia tecnica muranese, con diverse articolazioni, avvicendamenti di persone e stili, e con una identità sempre meglio connotata per ciascun produttore, come ben si evidenzia nei molti esempi presenti in sala.
Purezza, trasparenza e leggerezza della materia e delle forme caratterizzano le opere di Zecchin prodotte negli anni ’20 e ’30 per vetrerie diverse; nel ’25, infatti, Cappellin e Venini si separano: Zecchin presto si rende indipendente e alla Venini la direzione artistica è assunta, fino al 1931, dallo scultore Napoleone Martinuzzi, che inventa, tra l’altro, un nuovo vetro, opaco e spesso, “pulegoso”, cioè caratterizzato dall’inclusione di innumerevoli bollicine d’aria (puleghe) con cui realizza originali oggetti di singolare corposità.
Vicina ai modi Déco è la raffinata produzione S.A.L.I.R., ove il boemo Franz Pelzel incide i decori di Guido Balsamo Stella. Ma gli apporti di artisti alle produzioni vetrarie – da Guido Cadorin ad Alfredo Barbini, da Umberto Bellotto (“mago”del ferro battuto) a Carlo Scarpa e a molti altri – si fanno in questi anni sempre più frequenti, come le partecipazioni alle Biennali e a varie mostre internazionali, con premi e riconoscimenti.
DAGLI ANNI QUARANTA AGLI ANNI SETTANTA
Diverse le tendenze e le sensibilità che si sviluppano a Murano, con particolare intensità a partire dal dopoguerra e con esiti di straordinaria qualità.
Il vetro pesante, anche massiccio, che aveva cominciato a prender piede qui già a fine anni ’30, si sviluppa in varie forme negli anni ’50/60, ad esempio nei tessuti vitrei policromi di Giulio Radi per AVEM, o nei vetri “sommersi” (ossia composti di strati sovrapposti) di Flavio Poli per la Seguso Vetri d’Arte.
Venini invece predilige il recupero in chiave contemporanea delle tecniche tradizionali, con i suoi vetri soffiati, lavorati a mano volante, a incalmo (unione a caldo di parti distinte), incisi, filigranati, murrini ecc. Diretta dal ’32 al ’47 da Carlo Scarpa, cui subentra Fulvio Bianconi, la fabbrica Venini si è posta all’avanguardia della produzione muranese sfornando oggetti di intramontabile successo, alcuni dei quali sono qui esposti.
Nel tempo vi si alternano numerosi artisti e designer, italiani e stranieri: tra essi Ludovico de Santillana, architetto, e la figlia Laura, autori di originali composizioni negli anni ’60 e ’70, ma anche, tra gli italiani, Toni Zuccheri o – fra gli stranieri – il finlandese Tapio Wirkkala.
Altre fornaci lavorano alla reinterpretazione attualizzata di tecniche antiche: la Archimede Seguso si specializza in diverse sperimentazioni con la filigrana e realizza, tra l’altro, originali vasi a filo verticale, prodotti da una soffiatura unica, senza ulteriori applicazioni; la Salviati, diretta negli anni ‘60 dal pittore Luciano Gaspari, volge i suoi interessi a leggerissimi soffiati; Carlo Moretti si dedica in particolare all’arredo da tavola con soluzioni eleganti e coraggiosamente inusuali.
Proprio la qualità, l’accuratezza della ricerca, la varietà delle sperimentazioni, la fragilità e la forza espressiva dei risultati, fanno di queste produzioni muranesi del novecento un oggetto di culto per i collezionisti del settore.